Corretta impaginazione per pubblicare un libro
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Di seguito sono esposti 5 esempi e regole fondamentali per ottenere una corretta scrittura, impaginazione e pubblicazione di un libro.
Alcuni prontuari di norme redazionali: ESEMPIO 1
Ortografia
Po’ (pò è errato), così come mo’, be’; di’, fa’, va’, sta’ (seconda persona dell’imperativo presente);
sì affermativo (e non sí o si);
perché (e non perchè), così come poiché, dopodiché, affinché, cosicché, granché, dacché, giacché;
articoli indeterminativi davanti a un sostantivo o aggettivo maschile, mai l’apostrofo.
È (e non E’);
sé pronome (e non sè o addirittura se. Idem per nè);
accento grave o aperto: ahimè, bebè, caffè, cioè, è, ohimè, piè, tè (anche per tutte le parole di derivazione francese: bignè, canapè, gilè, bebè, lacchè);
accento acuto o chiuso: café, mercé, poté, scimpanzé, viceré, testé, macché…;
alcune parole che non hanno l’accento: va, fa, sto, qui…;
accento delle parole accentate maiuscole: CIVILTÀ (e non CIVILTA’), CAFFÈ (e non CAFFE’), LUNEDÌ (e non LUNEDI’), PERÒ (e non PERO’), GIOVENTÙ (e non GIOVENTU’);
Mr, Ms, St, Sr, jr, Dr senza punto (Mr., Ms., St., Sr., Jr., Dr. sono errati);
apostrofo per gli anni: anni ’90, lo spirito del ’68…;
distinzione tra il trattino breve senza nessuno spazio né prima né dopo (per unire due parole: -) e il trattino medio preceduto e seguito da uno spazio (per un inciso: –);
trattino breve -: è sempre attaccato alla parola che lo precede e a quella che segue.
Si usa per termini composti da due parole: artistico-letterario, uomo-missile, Roma-Napoli; gli aggettivi tale e quale davanti a vocale: qual è, qual era, un tal uomo…; qualcun altro, nessun altro. Mai l’apostrofo;
sono preferibili le seguenti forme: San Francesco, Santissimi Pietro e Paolo, fra Cristoforo, padre Bozzi, suor Germana;
Numeri
Si scrive: 37° C, 1.345, 34-35, c’erano mille persone in piazza;
conversioni di unità di misura: 1 pollice (inch)=2,54 cm, 1 piede (foot)=30,48 cm=circa 0,3 m; 1 pound=0,45 kg.
Parole con obbligo d’accento
giorni della settimana (lunedì, martedì…): accento grave;
numeri che terminano con tre (ventitré, trentatré, quarantatré…): accento acuto;
princìpi, dèi, subìto, dài, salvo diverse indicazioni delle norme redazionali della casa editrice;
parole straniere entrate nell’italiano: élite, équipe, corvée, déjà vu, démodé, décolleté…
Grafica-impaginazione
controllare che nell’impaginazione ci sia tutto il testo;
doppi spazi;
verifica dei caratteri (font);
vedove, orfane, righini;
testatine, numeri di pagina (pagine dispari sempre a destra);
interlinea;
regolarità della mozza;
bianche di rispetto (no, il numero di pagina su una bianca);
rientri di inizio capoverso (verificare se è previsto sul primo capoverso);
chiusura virgolette alla fine di una battuta di dialogo;
carattere della punteggiatura che segue una parola in corsivo;
ordine alfabetico dei nomi di un indice analitico.
Note
Verificare che la nota a piè di pagina stia nella stessa pagina del richiamo di nota in apice; corpo del richiamo di nota e sua posizione rispetto alla punteggiatura e alle virgolette (prima o dopo), conformemente alle norme della casa editrice;
rientro, corpo e interlinea della nota a piè di pagina;
allineamento del numero di nota a piè di pagina (lo 0 del numero 10 deve stare sotto il numero 9).
Attenzione a:
nomi doppi abbreviati, attenzione allo spazio tra i nomi: G.B Show e non G. B. Show;
unità di misura: km, kg e non Km e Kg;
parentesi, virgolette non prevedono spazi dopo l’apertura o prima della chiusura: (corretto) ( sbagliato );
in italiano i plurali di parole inglesi non vogliono la s (editor e non editors, link e non links). Eccezioni:
news, peones eccetera;
plurali di parole italiane. I seguenti plurali sono corretti: province o provincie, brusii, spiagge, camicie,
psicologi, cataloghi;
prefissi che non richiedono l’uso del trattino breve nel legarsi con la parola che segue: aero, anti, extra,
inter, maxi, mini, neo, post, pre, pseudo, psico, semi, sub. Attenzione se la parola successiva inizia con
la maiuscola il trattino è obbligatorio.
Sciatterie ricorrenti
disuniformità di trattamento di entità simili;
copia incolla maldestro;
assenza del corsivo per i titoli;
apostrofi e virgolette dritti: (' e " sono errati);
puntini di sospensione: (... sono errati; … sono giusti);
doppi spazi;
grafie diverse per uno stesso nome (Cechov e Checkov) e problemi di traslitterazione (Schönberg e
Schoenberg);
non rispetto dell’accentazione corretta per i nomi (per esempio Garcia anziché García);
dopo qualsiasi segno di punteggiatura c’è sempre (ci sono poche eccezioni) uno spazio.
Componenti obbligatorie del libro: colophon, Isbn; frontespizio, finito di stampare.
Rileggere sempre il testo dopo una lunga pausa dalla lavorazione.
Alcuni prontuari di norme redazionali: ESEMPIO 2
Note preliminari
1) sistemare scrupolosamente il testo nel suo insieme secondo l’uso della casa editrice. In particolare, il primo capoverso (quello cioè che si trova all’inizio di un capitolo o dopo un bianco tipografico) attacca a filo, mentre tutti i capoversi successivi al primo vanno rientrati;
2) sistemare la punteggiatura conformemente al codice redazionale;
3) correggere l’accento sulle “e” e sulle “o” in grave o acuto secondo fonetica;
4) mettere l’accento sulle vocali maiuscole in luogo dell’apostrofo (È, É, À, Ù, Ò, Ì);
5) controllare che le note abbiano la prima riga rientrata. Se collocate in fondo al capitolo o al volume, le note saranno contrassegnate dal numero in apice, se collocate a piè di pagina possono essere contrassegnate da asterischi (la seconda nota su una stessa pagina avrà due asterischi, la terza tre e così via) o dal numero in apice (in questo caso, controllare che la numerazione d’ogni pagina sia in ordine numerico progressivo);
6) ridurre il numero dei puntini di sospensione a tre;
7) fare attenzione alle parole che vanno in corsivo, come i titoli di opere. Talvolta queste si trovano erroneamente tra virgolette;
8) eliminare le sigle come “prof.”, “sig.”, “dott.” scrivendo la parola per intero;
9) utilizzare i trattini medi spaziati (–) per gli incisi. Sostituire i trattini medi spaziati con altro segno grafico (virgole, parentesi, virgolette) nei casi di sovrabbondanza o a fine periodo;
10) controllare che la forma linguistica sia sintatticamente corretta oltre che scorrevole e adatta alla situazione che presenta.
Abbreviazioni
Vanno usate il meno possibile.
Le abbreviazioni di misure non vanno mai puntate (m, km, cm, mm, g, kg, q, dl, cl, cc, km/h ecc.).
Le abbreviazioni come “dott.”, “sig.”, “avv.” vanno corrette indicando la parola per esteso.
Per le abbreviazioni in uso nelle bibliografie e nelle note bibliografiche cfr. Bibliografia, Note.
Aggettivi di nomi stranieri
Mantenere per quanto è possibile la grafia originale del nome da cui deriva l’aggettivo.
Es.: shakespeariano, newyorkese, rosseauiano.
Bibliografia
La bibliografia deve essere consegnata già organizzata in ordine alfabetico o in ordine cronologico di pubblicazione. In caso l’autore lo ritenga necessario, può essere mantenuta anche una divisione interna per sezioni, ognuna delle quali dovrà però essere ordinata secondo i criteri prima indicati.
Di norma, la bibliografia va impostata seguendo queste indicazioni:
1) Autore: in A/b seguito da virgola.
2) Titolo: in maiuscolo e minuscolo corsivo, seguito da virgola; i titoli di saggi o di articoli saranno seguiti da “in” (in tondo) e dal titolo dell’opera di cui fanno parte in maiuscolo e minuscolo corsivo, oppure dal titolo del giornale/rivista da cui sono stati tratti in tondo (maiuscolo e minuscolo) tra virgolette caporali « ». In quest’ultimo caso, è sempre preferibile indicare anche il numero del giornale/rivista e il mese/anno di pubblicazione o, se si tratta di un quotidiano, la data per esteso. Seguono nell’ordine (e in A/b tondo) separati da virgola: editore, numero di edizione in cifra romana, luogo di edizione e data (senza virgola tra i due) ed eventualmente anche il numero di pagina.
Nei titoli inglesi le parole vogliono l’iniziale maiuscola, tranne gli articoli, le preposizioni e le congiunzioni, salvo il caso in cui la congiunzione o la preposizione siano la prima o l’ultima parola del titolo. I luoghi di edizione saranno preferibilmente mantenuti nella lingua originale: London, Paris, Philadelphia ecc.
Citazioni
Le citazioni di brani che non necessitino di un particolare risalto o che non superino le due righe di lunghezza vanno incorporate nel testo (cioè di seguito), distinte da esso dalle virgolette basse « » di inizio e fine della citazione stessa.
Quando invece si tratta di citazioni che hanno una certa importanza nel contesto o che superano le due righe di lunghezza, si mettono a capo in corpo minore, con rientro solo a sinistra, senza virgolette e staccate dal testo di una riga sopra e sotto.
Quando in una citazione si aggiungono parole o frasi, queste vanno messe tra parentesi quadre; quando invece si sopprimono parole o frasi, si mettono tre puntini tra parentesi quadre.
Corsivo
Viene usato per
1) parole o frasi che si vogliono sottolineare, cioè porre in particolare risalto nel contesto del discorso, dando loro maggior forza espressiva;
2) vocaboli o modi di dire in lingua straniera;
3) titoli di libri, quadri, sculture, film, canzoni, drammi teatrali;
4) le dizioni op. cit., trad. cit., art. cit. quando hanno la funzione di sostituire il corrispondente titolo di una citazione bibliografica;
5) le dizioni nda, ndr e nde;
6) le voci onomatopeiche, che imitano il verso degli animali o i rumori;
Date
Nel caso di date il numero dell’anno va sempre espresso in cifre. Anni Trenta e non anni ’30.
Le date precise vanno, salvo rari casi, scritti in cifre.
Nelle date che segnalano intervalli di tempo è possibile scegliere tra tre differenti opzioni:
a) 1976-77
b) 1976-1977
c) ’76-77
Le date approssimative o generiche vanno scritte in lettere.
Alla forma ’800 (inteso come 1800) si preferisce la forma Ottocento.
Le date o gli anni d’importanza storica si scrivono per esteso e con iniziale maiuscola.
Dialoghi
Per i dialoghi si usano le virgolette basse a caporale: « ». Se però all’interno di un discorso si inserisce un altro dialogo, quest’ultimo dovrà essere tra virgolette alte doppie: “ ”.
Le battute di dialogo vanno a capoverso quando cambia il personaggio che parla:
Per quanto riguarda la posizione dei segni di interpunzione rispetto alle virgolette, si veda Punteggiatura nel dialogo.
Indici analitici e indici dei nomi
Ogni voce nell’indice analitico avrà iniziale maiuscola e sarà seguita dalla virgola.
Negli indici dei nomi, il cognome sarà seguito dalla virgola, dal nome proprio per esteso (o almeno dall’iniziale puntata) e dalla virgola. Se il nome non è reperibile, si metterà la qualifica.
Nomi e termini
Si deve fare un uso molto limitato delle iniziali maiuscole.
Oltre ai nomi propri e i termini come Chiesa e Stato quando hanno significato d’istituzioni devono avere l’iniziale maiuscola:
1) appellativi storici ormai parte integrante del nome del personaggio;
2) il termine Santo, Santa quando fa parte del nome di una chiesa, di una località o di un’istituzione (quando si tratta delle persone i santi si indicano in minuscolo, es. sant’Andrea);
3) i termini geografici come Nord, Sud, Oriente ecc. quando indicano una regione o un gruppo di nazioni;
4) i nomi geografici;
5) quei termini che designano una particolare epoca o un movimento artistico, spirituale, politico, religioso ecc. (Medioevo, Rinascimento, Resistenza);
6) le denominazioni ufficiali degli enti supremi di uno stato (la Repubblica italiana, il Parlamento) e gli organi governativi, giuridici e amministrativi (Consiglio dei ministri, Ministero della Difesa, Consiglio superiore della magistratura);
7) le denominazioni di enti, istituti, organizzazioni, partiti, società ecc., ma mettendo in maiuscolo soltanto la prima parola;
8) le festività e le date che esprimono solennità civili (Natale, Quaresima, Venticinque Aprile, Primo Maggio);
9) Madame, Monsieur, Lord, Lady, Sir, Miss e le abbreviazioni M.me, Mons., M.lle, Mr., Mrs. vanno in maiuscolo;
10) i sostantivi tedeschi vanno sempre con l’iniziale maiuscola, tranne quelli entrati nell’uso comune della lingua italiana.
Si scrivono normalmente con iniziali minuscole:
1) titoli civili, militari, religiosi, professionali, dirigenziali, onorifici e nobiliari;
2) denominazioni generiche o convenzionali di uso corrente (polizia, magistratura, tribunale ecc.);
3) i termini “via”, “piazza” e simili;
4) le denominazioni comuni di edifici e complessi di carattere ordinario (municipio, stazione, teatro Puccini, albergo Roma, cinema Odeon, chiesa di San Luca);
5) “sole”, “terra”, “luna” quando sono usati in senso generico (con iniziale maiuscola se usati in senso astronomico);
6) movimenti e stili filosofici, letterari, artistici (romanticismo, umanesimo, illuminismo, lo stile gotico, il gotico, il jazz, lo zen);
7) nelle designazioni di avvenimenti storici quali guerre, paci, scoperte, dichiarazioni ecc., si scrivono con iniziali minuscole i generici termini che indicano il tipo di avvenimento e con iniziali maiuscole gli eventuali nomi propri o termini specifici del particolare avvenimento (la caduta di Roma, la prima guerra mondiale, la sesta crociata, il trattato di Versailles, il concilio di Trento, la rivoluzione francese);
8) nelle designazioni correnti di manifestazioni organizzate, i termini comuni si scrivono con iniziale minuscola (la fiera di Milano, il festival di Cannes, la biennale di Venezia, il palio di Siena).
Maiuscoletto
Viene usato nei seguenti casi:
1) quando una parola, una frase o anche un intero periodo siano in tutte lettere maiuscole nel dattiloscritto;
2) per le sigle (ma le sigle divenute nomi comuni d’uso vanno in tondo; es. tv, sms, cd, ecc.)
3) per i numeri romani in tondo.
Note (testo e richiami)
I richiami di nota nel testo vanno messi sempre dopo le virgolette e, quando ci sono, dopo i segni di interpunzione senza nessuno spazio. Gli indici di nota, di corpo inferiore a quello del testo, non sono mai accompagnati da parentesi.
Le note bibliografiche si strutturano in questo modo:
1) La prima volta in cui si cita il titolo: Nome e Cognome dell’autore per esteso, Titolo ed eventuale sottotitolo dopo un punto fermo, in corsivo (sia che si tratti del titolo di un’intera opera, sia che si tratti del titolo di un singolo capitolo o di un articolo, seguito da in: e nota bibliografica del volume), a cura di Nome e Cognome per esteso (o traduzione di se è il caso), numero di edizione in cifra romana, Casa editrice, Città anno (senza virgola tra i due), 8 vol./voll., tomo X, Parte (Sezione) prima, cap. / capp. , p./pp. xx. Se si tratta di opere collettive non si mette nulla come autore; se ci sono dei curatori (o traduttori di fama) vanno messi dopo il titolo.
2) La seconda volta che si cita un’opera:
a) se la nota è subito seguente a quella in cui si cita per la prima volta, si usa:
Idem (A/b in corsivo) se la citazione è nella stessa pagina della precedente;
Ibidem (A/b in corsivo), p./pp., se la citazione è in pagine diverse (se Ibidem si ripete anche nelle note
seguenti si può abbreviare in Ibid.).
b) se la nota richiama un testo già citato in una nota non immediatamente precedente, si procede in questo modo:
- se di un autore si cita sempre e solo una sola opera: Cognome autore, op. cit. (oppure art. cit.), p./pp.
- se si citano più opere dello stesso autore: Cognome autore, Prime parole del titolo…, cit., p./pp.
La numerazione delle note e dei richiami nel testo deve essere progressiva, capitolo per capitolo (nel caso degli asterischi a fondo pagina, progressiva per pagina).
Altre abbreviazioni da usare nelle note:
pagina, pagine= p., pp.;
seguente, seguenti= sg., sgg. (non preceduto dalla e);
volume I, II ecc.= vol. I, II ecc.;
due volumi, tre volumi ecc.= 2 voll., 3 voll. ecc.;
edizione= ed.;
traduzione= trad.;
tavola, tavole= tav., tavv.;
numero, numeri= n., nn.;
figura, figure= fig., figg.
Numeri
I numeri (arabi o romani) vanno sempre in tutte lettere nel corso del testo.
Fanno eccezione, cioè vengono scritti in cifra:
1) le date precise (non quelle approssimative o generiche);
2) i numeri che hanno un particolare carattere distintivo o contraddistinguono qualcuno o qualcosa, come i numeri civici;
3) i numeri indicanti misure determinate o quando abbondano in testi specializzati;
4) le indicazioni orarie eccessivamente lunghe;
5) i numeri eccessivamente lunghi.
Punteggiatura nel dialogo
In caso di virgolette la punteggiatura va posta fuori dalle virgolette se è dell’autore, dentro le virgolette se invece appartiene alla citazione.
Il punto fermo va all’esterno delle virgolette.
Nella battuta di dialogo terminante con punto esclamativo, interrogativo o con i puntini di sospensione i segni di interpunzione vanno sempre all’interno delle virgolette e non vanno mai seguiti da altra punteggiatura all’esterno delle virgolette stesse.
Titoli di riviste, giornali e atti di convegni: siano essi italiano o inglesi, vanno in tondo fra virgolette basse a caporale « ». Se all’interno di un passo già chiuso tra virgolette basse a caporale « », il titolo di giornale verrà riportato sempre in tondo, tra virgolette alte “ ”.
Tondo
Si scrivono in A/b in tondo:
1) nomi di enti, istituzioni, istituti, associazioni italiani e stranieri;
2) nomi di locali pubblici, come teatri, alberghi italiani e stranieri;
3) nomi di monumenti, palazzi, grattacieli italiani e stranieri.
Virgolette
Nei dialoghi: il verbum dicendi, anche se posposto al dialogo, non è mai preceduto da alcun segno di punteggiatura.
Es.: Improvvisamente si alzò dalla sedia: «Devo lasciarvi» disse. «Mary mi aspetta».
Es.: «Non è facile raccapezzarsi» osservò l’impiegato «in questo marasma di carte».
Nei dialoghi, si usano le virgolette cosiddette basse a caporale « » e, all’interno di queste, le virgolette alte doppie “ ”. Nel caso rarissimo che si renda necessario usare un terzo tipo di virgolette, si ricorre agli apici ‘ ’.
Le virgolette alte (“ ”) si utilizzano per il cosiddetto e per riportare il pensato.
Aferesi, elisione, troncamento
Aferesi (y’ x): l’apostrofo va unito alla parola che segue e separato con uno spazio dalla parola che precede. Si usa per esempio quando si accorcia una data (’78).
Elisione (y’x): l’apostrofo unito alla parola che precede e a quella che segue, consigliabile in caso di articolo seguito da parola femminile.
Troncamento (y’ x): l’apostrofo va unito alla parola che precede e separato da quella che segue: Be’ e non Beh, in quanto troncamento di Bene (ma mah).
Numeri di pagina
I numeri di pagina vanno posti in basso a sinistra nelle pagine pari, in basso a destra nelle pagine dispari; nella collana Tre e nelle collane di narrativa in genere, invece, il numero di pagina è al centro della gabbia.
Alcuni prontuari di norme redazionali: ESEMPIO 3
1. NORME DI CARATTERE GENERALE
Si faccia uso delle maiuscole soltanto dove sia indispensabile.
Utilizzare correttamente e con uniformità le formattazioni del corsivo, neretto e MAIUSCOLETTO.
Quando si voglia dare particolare rilievo a qualche parola nel testo potranno essere utilizzati gli apici (‘ ’) escludendo l’uso del corsivo che ha altra rilevanza nel contesto della composizione per esempio per la citazione di titoli o per indicare parole straniere nel testo
Il capoverso deve essere indicato chiaramente, facendo rientrare di una tabulazione la riga.
Eventuali indici dovranno essere compilati soltanto sulle bozze impaginate a meno che non si riferiscano a numerazioni interne del volume, come, per esempio, quella delle schede in cataloghi e inventari.
ACCENTAZIONI
Per l’accentazione attenersi al criterio corrente: sempre l’accento grave (città, è, costì, ciò, più); l’accento acuto solo su e chiusa (perché, poiché, giacché, affinché,
testé). Naturalmente nei brani dialettali va rispettata l’accentazione fonetica.
BRANI RIPORTATI
I brani riportati di una certa lunghezza verranno composti in corpo minore del testo. Sarà opportuno formattarli in una o due scalature più piccole rispetto a quella del testo, ovviamente senza porre le virgolette. I brani riportati brevi, inseriti nel testo, vanno tra doppie virgolette in basso (« »). Se detti brani contengono, a loro volta, altre citazioni, queste vanno contraddistinte con virgolette doppie in alto (“ ”). Le virgolette semplici in alto (‘ ’) devono essere adoperate come precedentemente indicato.
Eventuali omissioni dei brani riportati saranno indicate con tre puntini tra parentesi quadre [...].
NOTE
Le note vanno contraddistinte con numerazione progressiva continua iniziando da 1, capitolo per capitolo: il numero di richiamo deve essere posto in esponente, senza parentesi, dopo un eventuale segno di interpunzione:
2. CITAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Le citazioni bibliografiche delle note devono essere quanto più è possibile complete di tutti gli elementi, e cioè:
a) il maiuscoletto, con l’iniziale maiuscola, è il carattere destinato a contraddistinguere gli autori (non i curatori, prefatori, redattori etc. che dovranno essere citati in caratteri normali). Nelle citazioni è preferibile indicare per esteso il nome di battesimo almeno la prima volta che viene citato: successivamente potrà essere riportata la sola iniziale puntata.
Per le opere miscellanee si eviti l’abbreviazione “AA.VV.” che non ha alcuna valenza bibliografica, riportando solo il titolo del volume o il primo cognome degli autori seguito da ‘et alii’;
b) titolo dell’opera in corsivo;
c) eventuale indicazione del volume con cifra romana, senza far precedere vol.;
d) luogo di pubblicazione; numero dell’edizione, quando non sia la prima, con numero arabo in esponente all’anno citato, es.: 1932; indicazione delle pagine interessate;
e) nome dell’editore e, per le edizioni antiche, del tipografo;
f) data di pubblicazione;
g) eventuale collezione a cui l’opera appartiene, in parentesi tonde e tra virgolette, con il numero arabo o romano del volume;
h) rinvio alla pagina (p.) o alle pagine (pp.) (le pagine in numerazione romana andranno in maiuscoletto). I suddetti elementi vanno separati tra loro da una virgola che può essere omessa fra l’editore e l’anno;
i) la citazione del numero di pagine complessive di un volume deve necessariamente comprendere l’ultima pagina pari, anche se bianca.
NORME PER GLI AUTORI E I COLLABORATORI
Esempi:
• BENEDETTO CROCE, La poesia di Dante, Bari, Laterza 1943, p. 256.
• LUIGI SALVATORELLI, Profilo della storia d’Europa, II, Torino, Einaudi 1944 («Biblioteca di cultura storica», XV), pp. 809-812; oppure p. 809 sgg. (è preferibile però, precisare sempre le pagine).
•ALESSANDRO MANZONI, Opere, a cura di R. Bacchelli, Milano-Napoli, Ricciardi 1953 («La letteratura italiana - Storia e testi», 53).
Per gli articoli di riviste segnare, come sopra, nome dell’autore in maiuscoletto e titolo dell’articolo in corsivo, il titolo della rivista in tondo tra virgolette « » con le seguenti indicazioni disposte in quest’ordine:
a) eventuale serie, in cifra romana, con l’abbreviazione s.;
b) annata o volume della rivista in cifra romana; solo se l’annata non corrisponde al volume, si indichi l’una e l’altra con le abbreviazioni “a.”, “vol.”;
c) anno solare della pubblicazione della rivista in cifra araba;
Esempi:
• GIOVANNI TASSONI, Le inchieste napoleoniche nei dipartimenti delle Marche,
«Lares», XXX, 1964, pp. 173-187.
• PIETRO QUARONI, Neutralità impossibile, «Nuova antologia», LXXXIX, 1954, pp. 451-472.
• WALTER BINNI, II teatro comico di Cimiamo Gigli, «La rassegna della letteratura italiana», s. XII, vol. VII, 1959, pp. 417-434.
La citazione bibliografica sarà preceduta da «cfr.» quando si rinvia genericamente al contenuto dell’opera e delle pagine specifiche che si indicano; non sarà preceduto da ‘cfr.’ né da ‘vedi’ o simili quando si riportano passi o frasi contenuti nell’opera a cui si rinvia.
Nel caso d’elenchi nei quali non si desideri ripetere il nome dell’autore, evitare le abbreviazioni “Id” e “Ead” utilizzando un lineato lungo che ha la stessa valenza a livello internazionale.
ILLUSTRAZIONI
Le illustrazioni da riprodurre possono essere consegnate su stampa fotografica, diapositiva, o supporto digitale. In tutti i casi è necessario fornire originali che non provengano da precedenti riproduzioni a stampa con presenza di retino.
La stampa fotografica è preferibile per le riproduzioni bianco nero e il supporto ideale sarà lucido e di formato non inferiore al 13×18. Le diapositive, destinate alla riproduzione a colori, dovrebbero avere preferibilmente il formato 6×6 o superiore ed aver indicato il senso di lettura (si prega di avvertire la redazione nel caso vengano forniti dei duplicati). Il supporto digitale dovrà essere corredato da una stampa in fotocopia che ne faciliti l’identificazione e dovrà esser basato su scansioni ad alta risoluzione. Tutti gli originali dovranno esser dotati del nome dell’autore e della numerazione progressiva corrispondente a quella delle didascalie che verranno separatamente fornite in elenco. È utile avere un’indicazione del maggior o minore rilievo che l’autore intende dare alle varie immagini, in modo da tener conto di tali esigenze al momento dell’impaginazione e indicare altresì le porzioni che si desidera vengano riprodotte, nel caso si voglia dar rilievo a un particolare o tralasciare parte dell’immagine.
ABBREVIAZIONI
Usare la forma corrente delle abbreviazioni. Se ne dà un elenco, che vuol essere solo indicativo:
a = anno
a.C. = avanti Cristo
an. = anonimo
anast. = anastatico
app. = appendice
art., artt. = articolo-i
autogr. = autografo-i
cap., capp. = capitolo-i
cfr. = confronta
cit., citt. = citato-i
cl. = classe
cm, m, km = centimetro, ecc. (non puntati)
cod., codd. = codice-i
col., coll. = colonna-e
d.C. = dopo Cristo
ecc. = eccetera
ed. = edizione
es. = esempio
f., ff. = foglio-i
f.t. = fuori testo
facs. = facsimile
fasc. = fascicolo
fig., figg. = figura-e
ibid. = per indicare lo stesso luogo o pagina all’interno di un titolo citato
Id. = idem
ivi = per indicare lo stesso luogo con pagina diversa
lett. = lettera-e
loc. cit. = luogo citato
misc. = miscellanea ms.,
mss. = manoscritto-i
n.n. = non numerato
n., nn. = numero-i
nota = nota (sempre per esteso)
n.s. = nuova serie
n.t. = nel testo
op. = opera
op. cit. = opera citata (quando sostituisce interamente il titolo e altre indicazioni)
p., pp. = pagina-e
passim = passim (la citazione ricorre frequente nell’opera citata)
r = recto (per la numerazione delle carte dei manoscritti)
s. = serie
s.a. = senza anno di stampa
s.d. = senza data
s.e. = senza indicazione di editore
s.l. = senza luogo
s.n.t. = senza note tipografiche
s.t. = senza indicazione di tipografo
sec., secc. = secolo-i
sez. = sezione
sg., sgg. = seguente-i
suppl. = supplemento
t., tt. = tomo-i
tab., tabb. = tabella-e
tav., tavv. = tavola-e
tit., titt. = titolo-i
trad. = traduzione
v = verso (per la numerazione delle carte dei manoscritti)
v., vv. = verso-i
vol., voll. = volume-i
Alcuni prontuari di norme redazionali: ESEMPIO 4, norme redazionali utilizzate da una rivista
Il carattere tipografico da utilizzare (sia per il testo sia per le note) è il tondo (es. libro).
Il grassetto (es. libro) va usato esclusivamente per il titolo del saggio/rassegna (titolo da scrivere in MAIUSCOLO grassetto) e per gli eventuali titoli dei paragrafi (che si devono scrivere in grassetto ma minuscolo).
Il corsivo (es. libro) deve essere impiegato in tutti i seguenti casi:
- titoli di libri, articoli, opere d'ogni genere, titoli di paragrafi, capitoli, parti e sezioni d'opera (si intendono in questo caso i titoli di opere o di paragrafi e capitoli citati nel testo o nelle note)
- le parole o brevi espressioni in lingua diversa dall'italiano ma non ancora entrate nell'uso comune della nostra lingua. Mentre leader/leadership, mass media, sport, tunnel, élite (senza la "s" finale anche quando nel testo è utilizzata al plurale) si possono scrivere in tondo perché oramai molto frequenti nella lingua italiana, espressioni come party system, deregulation, party government, issue ecc. vanno posti in corsivo.
Qualora un testo citato contenga una parola o frase in corsivo è bene indicare in nota la dicitura "corsivo dell'autore". Se, al contrario, l'autore del saggio intende dare rilevanza ad una parola o frase di una citazione mettendola in corsivo, in nota va riportata sempre la dicitura "corsivo mio" [n.b. questa indicazione vale nel caso della composizione di un testo nuovo; nella sistemazione redazionale/tipografica di un testo scritto da un altro autore, spetta all'autore stesso indicare se l'eventuale corsivo all'interno della citazione è suo o della fonte).
A precisazione di quanto detto finora sul corsivo è bene ricordare che vanno invece in carattere tondo:
- i nomi delle partizioni interne di un volume, con iniziale maiuscola (Prefazione, Introduzione, Capitolo III, Bibliografia ecc.)
- i nomi propri stranieri di associazioni, istituzioni, cariche pubbliche ecc. che non hanno equivalente in italiano (es. Royal Society, British Museum, London School of Economics).
Trattini lunghi e brevi
I trattini lunghi servono ad indicare gli incisi: es. Il sovrano, infatti, - concludeva Sonnino - "impersona lo Stato in tutti gli elementi suoi più necessari e normali"
I trattini lunghi vengono dati direttamente dal computer se si digita lo spazio prima e dopo il trattino piccolo che si trova nel tasto in basso a destra sulla tastiera.
Il trattino piccolo, invece, si usa soltanto per unire due parole che non esistono come parola singola: es. politico-istituzionale, anti-imperialismo, liberal-borghese. In questo caso non ci va lo spazio né prima né dopo il trattino; le parole sono, cioè, attaccate e separate solo dal trattino piccolo.
Accenti
Le vocali à, ì, ò, ù, vanno con accento grave (così come è, cioè), mentre perché, sé, né, affinché vanno con accento acuto (di norma il computer dà gli accenti giusti delle parole di uso corrente in automatico durante la scrittura).
Fare attenzione alla È che, di norma, viene scritta dagli autori come E' ossia E maiuscola e apostrofo, il che è sbagliato. Si consiglia, anche in questo caso, di scegliere da "simbolo" del menu Inserisci un'opzione automatica per digitare la È (es. digitare contemporaneamente il tasto "ctrl" e il tasto "e"). Questa possibilità va però impostata nei singoli computer, non viene data automaticamente; è tuttavia utile perché poi permette di fare automaticamente la sostituzione della E' con la È dal menu Modifica finestra "sostituisci".
A volte succede, soprattutto con i testi di autori stranieri che hanno tastiere diverse dalle nostre, che anche le lettere accentate vengano riportate con l'apostrofo, es. a', e', u'. Anche in questi casi si deve intervenire e sostituire le lettere con apostrofo con le normali lettere accentate.
Lettere Maiuscole
Come norma generale occorre tener presente che è bene ridurre al minimo le lettere maiuscole: dunque sant'Agostino e non Sant'Agostino. È bene usare la lettera maiuscola, comunque, per le istituzioni come Parlamento, Camera dei Lord, Impero, Corte di Cassazione, ministro del Tesoro (ma Ministero del Tesoro). La lettera minuscola si usa, invece, preferibilmente per governo, primo ministro, sovrano, ministro degli Interni e in tutti i casi in cui non si indica una istituzione ma una persona (dunque sovrano ma Corona e Regno, papa ma Chiesa).
Nella maggior parte dei casi si possono mantenere le scelte fatte dall'autore del testo, qualora però le lettere maiuscole non siano troppe; è consigliabile quindi trasformare gli eventuali Governo o Re in governo e re.
Per evitare confusioni col participio passato del verbo "essere" è bene mettere sempre il sostantivo Stato maiuscolo.
Nelle sigle dei partiti è preferibile che solo la prima lettera sia maiuscola; dunque Dc, Pci, Spd. Lo stesso vale se il nome del partito o associazione è scritto per esteso: Partito comunista italiano; Associazione nazionalista italiana (ma Labour Party o Liberal Party). Anche questa è un'indicazione di massima e si può mantenere la dicitura dell'autore del testo.
I nomi di popolo vanno sempre con la iniziale minuscola: italiani, inglesi, spagnoli.
Per rispettare i criteri redazionali anglosassoni si deve usare la lettera maiuscola per tutti i sostantivi e verbi (tranne congiunzioni, articoli determinativi e indeterminativi, preposizioni) che compaiono nei titoli di opere o articoli: G.H.L. Le May, The Victorian Constitution. Conventions, Usages and Contingencies, London, Duckworth, 1979. Oppure A.V. Dicey, The Paralysis of the Constitution, in "The Contemporary Review", LXXXVII, 1905. Come si vede in questi casi tutti i sostantivi e verbi dei titoli sono riportati in maiuscolo. Questa regola è tassativa solo per le opere inglesi e americane.
Alcuni prontuari di norme redazionali: ESEMPIO 5
LA CORREZIONE DI BOZZE La correzione di bozze fa parte dei mestieri del giornalismo e dell’editoria.
Di solito, infatti, è il redattore a effettuare questo lavoro, sia che si tratti di libri, sia di giornali. Tuttavia la correzione di bozze avviene anche in altri settori. Di fatto interveniamo sulle bozze ogni volta che dobbiamo correggere uno stampato qualunque, da una locandina a un dépliant, da un catalogo di prodotti al testo da immettere in un sito. È quindi un lavoro redazionale che richiede precisione, rigore… e pazienza (specie quando si tratta di libri!).
Ma cos’è una bozza? È una copia ancora provvisoria di un testo che verrà stampato, che deve subire una revisione per eliminare i possibili errori (lapsus o refusi) correggendo anche gli spazi, i margini, gli eventuali rapporti sbagliati tra immagine e testo.
Di solito si fanno più “giri di bozze” – così si chiamano in gergo – perché la prima correzione non basta.
I “giri di bozze” coinvolgono più di una persona: difficilmente da soli si riescono a cogliere tutti gli errori. Infatti l’occhio si stanca, e sopravviene la distrazione… ecco perché la stessa bozza viene distribuita, a rotazione, a più persone. Avremo dunque una prima bozza visionata dai redattori, poi una seconda e perfino una terza bozza. Questo, almeno, all’interno delle redazioni.
Ma come si impara a correggere una bozza e quali sono gli strumenti e i trucchi da usare?
GLI STRUMENTI
La penna rossa Il correttore di bozze usa la leggendaria penna rossa (mi raccomando, la penna nera si confonde con l’inchiostro del testo e rischia di far sì che la correzione non venga vista e registrata da chi inserisce poi le correzioni). Attenzione all’inchiostro, meglio se la punta della penna è sottile.
Il righello Il righello (o la squadra) serve per non sbagliare saltando inavvertitamente una riga nella correzione.
Va infatti posizionato sotto il testo che man mano viene corretto, in modo da evitare che la stanchezza tiri un brutto scherzo lasciando porzioni di testo non corrette.
La lente di ingrandimento La lente viene usata quando ci sono alcuni dubbi sulla spaziatura (in presenza di virgole e punti, sugli accenti, ecc.). A volte il corpo usato è talmente piccolo, ad esempio nelle didascalie, che può sfuggire un refuso. Meglio quindi armarsi di lente e, come Sherlock Holmes, dare la caccia all’errore.
Il testo di riferimento Quando si correggono le bozze di solito si ha un testo di riferimento (catalogo, articolo, dattiloscritto di un autore, ecc.), cioè il testo “originale” non ancora digitato sul computer e poi stampato in forma di bozza.
Questo testo va consultato continuamente. Se abbiamo un dubbio, anche solo una virgola che non ci convince, ricorriamo sempre al confronto con l’originale per essere sicuri di non sbagliare.
COME CORREGGO?
Con la penna rossa indico la correzione da apportare a lato del testo, nel margine bianco che si trova a destra e a sinistra, e negli spazi vuoti in cima e in calce alla pagina. Meglio ancora se cerchio la parola o la frase sbagliata, tracciando una linea che mi porta fino al punto in cui devo suggerire la correzione.
Aggiunta e cancellazione di lettere Ad esempio, se trovo la parola “viagio” traccio a lato della frase, sul margine della bozza, un segmento inclinato / e aggiungo la g mancante (/g). Oppure riscrivo tutta la parola sottolineando la lettera che ho modificato tramite inserimento o eliminazione (in questo caso: viaggio).
Parole errate Si traccia un segmento orizzontale sulla parola, lo stesso segno viene riportato sul margine bianco insieme alla parola corretta.
Successione di più parole Se la successione di più parole è sbagliata, indico con un numero sopra ogni parola la giusta successione.
Aggiunta di parole Se mancano una o più parole, traccio una specie di V nello spazio in cui va effettuato l’inserimento. Sul margine della bozza, il più vicino possibile alla riga in cui si trova l’inserimento da fare, riscrivo la V aggiungendo la parola o le parole mancanti.
Cancellazione di parole Traccio una barra orizzontale sulla parola da cancellare, poi la riporto anche all’esterno del testo facendola seguire da una X alla sua destra.
Corsivo Sottolineo la parola o la frase che va in corsivo, e sul margine riporto la sottolineatura aggiungendo la scritta C.vo.
Maiuscoletto La procedura è la stessa del corsivo, solo che sul margine scrivo M.tto Neretto Quando la parola o la frase vanno in neretto, utilizzo una sottolineatura “a onda”, e la riporto sul margine destro insieme alla scritta Bold.
Tondo È il modo in cui solitamente si scrive e si differenzia dal corsivo proprio perché appare più “rotondo”.
In questo caso sottolineo la parte che mi interessa riportando il segno a destra e aggiungendo T.do Maiuscolo e minuscolo Si segna con un tratto inclinato la lettera da cambiare; sul margine destro viene riportato il segno affiancato dalla lettera in maiuscolo sottolineata tre volte.
Un altro metodo è quello di aggiungere anche l’indicazione maiusc.
Per il minuscolo il discorso è analogo, solo che i tre trattini vengono riportati sopra la lettera minuscola indicata e non sotto, come nel caso del maiuscolo.
Interlinea Quando è insufficiente, uso una riga orizzontale affiancata da due segni semicurvi simili a due parentesi, posti uno sopra e uno sotto la riga, con la gobba rivolta verso il centro.
Lo stesso segno viene usato per separare due frasi troppo vicine che necessitano di una spaziatura.
Se l’interlinea è invece eccessiva, si usa la stessa linea orizzontale con le due parentesi che però, stavolta, hanno la gobba rivolta verso l’esterno (quasi a formare insieme un cerchio).
Spaziature Se la spaziatura fra due parole è eccessiva, si traccia, in mezzo alle due, una linea verticale con due segni curvi, come due parentesi, con la gobba rivolta verso l’esterno; se invece la spaziatura manca, allora si traccia sulle due parole attaccate una linea verticale con le curve rivolte verso l’interno.
Inserimento di un a capo Se un periodo deve andare a capo si disegna una parentesi quadra all’inizio del periodo stesso.
Eliminazione di un a capo Traccio una specie di S con la quale collego il testo che si trova nella riga sotto con quello che si trova in quella sopra. Così le frasi saranno riportate in successione.
Vive Se si sbaglia una correzione, per annullarla basta tracciare un segno sulla medesima e scrivere la parola vive. Significa che il testo rimane esattamente com’era.
Per “vedere” concretamente come utilizzare i segni di correzione, è possibile consultare e scaricare alcune pagine del Nuovo Manuale di Stile Zanichelli, a cura di Roberto Lesina sul sito Il Mestiere di Scrivere alla pagina http://www.mestierediscrivere.com/testi/correzioni.htm Anni fa, quando iniziai a fare il redattore, ricevetti un consiglio illuminante: “Cerca sempre di immaginare che hai davanti un bambino.
Devi essere il più chiara possibile, a patto di sembrare elementare.
Parole ben scritte, tonde, leggibili, segni inequivocabili per indicare il testo da correggere e la tua correzione. Meglio sembrare stupidi che rischiare un errore”.
La correzione di bozze può essere personalizzata, nulla vieta di trovare il sistema più idoneo da usare all’interno della propria redazione.
Basta mantenere il rigore, la coerenza di una norma che non viene poi disertata.
CHE ERRORI CERCO?
Tutti gli errori di grammatica e sintassi. Tutti i refusi (errori di stampa, ma anche di battitura). Attenzione però anche ai lapsus. A volte non ci sono errori grammaticali ma, per una svista di chi digita un testo, vengono inserite parole “immaginarie”, che possono essere scovate soltanto se facciamo attenzione non solo al linguaggio ma anche al senso compiuto di quello che stiamo leggendo.
Ad esempio, invece di scrivere “Il castello di Brighton”, il redattore scrive “Il cervello di Brighton” perché, magari, in quel momento sta pensando all’intelligenza di quel suo amico inglese evocato dal contesto narrato. L’occhio del correttore di bozze non registra l’errore a meno che non stia attento anche ai significati.
Non è facile seguire contemporaneamente sia il senso del testo che la grammatica senza distrarsi, eppure questo è ciò che deve fare il buon correttore.
LA DIFFERENZA TRA EDITING E CORREZIONE DI BOZZE
La bozza è la fase finale di un processo di editing e revisione dei testi, quindi si presume che non debba più contenere errori formali ma soltanto sviste nella digitazione. Nella realtà, però, spesso i due piani si confondono e si sovrappongono. Quindi un povero correttore di bozze si troverà anche a fare un lavoro di editing, così come a volte accade che chi rivede una traduzione da una lingua straniera debba praticamente riscriverne intere porzioni.
Vediamo le differenze.
L’editing è un intervento sul testo. Serve a migliorarlo, a eliminarne i difetti, sia a livello contenutistico che stilistico. L’editor quindi lavora di forbici, di scrittura, scompone e ricombina le parti, finché alla fine non si arriva al prodotto finito.
La bozza rappresenta il passaggio successivo. In teoria dovrebbe comportare solo errori di battitura. Molto spesso, però, di fronte a editing grossolani, incompiuti, si è costretti a lavorare sul testo anche editandolo.
Insomma, alla fine l’editor e il correttore si bozze si sovrappongono fino a coincidere.
LE NORME REDAZIONALI
Le norme redazionali sono l’insieme di regole scelte da una società editrice. Non esiste infatti una norma assoluta, ma ogni editore sceglie come usare corsivi, caporali, spaziature, date, nomi propri, anni, numerazioni, eccetera.
Le norme redazionali sono scritte su una apposita legenda e consegnate al correttore. Altrimenti può essere utilizzato un esempio di riferimento da seguire (libro, dépliant, articoli).
Fondamentale è la coerenza delle norme redazionali, segno di professionalità da parte di un editore.
Ad esempio, una rivista può scegliere di scrivere i nomi delle testate in corsivo oppure in bold. L’importante è rispettare sempre la scelta.
Trovare infatti in un libro i caporali e in un altro le virgolette indica una scarsa attenzione a uno degli aspetti più importanti di un testo.
Le norme però non sono universali, abbiamo detto. Ognuno è libero di usare uno stile proprio.
Tuttavia proviamo a dare alcune indicazioni di base, piuttosto comuni nelle normative redazionali.
“D” eufonica La d eufonica si usa solo in presenza di vocali omofone (“Ed Elena”, “ad angolo retto”). Evitare assolutamente “od anche”, in ogni caso.
Oggi l’uso della d eufonica sta scomparendo (sempre con l’eccezione delle vocali omofone), rendendo il linguaggio più agile e fluido.
Tuttavia se le norme redazionali prevedono il suo utilizzo, non possiamo eliminarla per garantire il famoso rispetto della coerenza di collane e pubblicazioni.
Sempre bene, però, suggerire i vantaggi di questa possibilità, in linea con l’uso moderno del linguaggio.
Titoli Si usa sia “Alto” (TITOLO) che “A+b”, cioè Alto più basso (Titolo). In questo modo si specifica l’utilizzo di maiuscole o minuscole. La scelta spetta al singolo editore, azienda, giornale.
Di solito per il titolo si usa il corsivo, con iniziali maiuscole per i nomi propri.
Sconsigliamo di conservare l’articolo nei titoli usando le particelle “de” e “ne”.
Per esempio, non scrivere “Il testo ne I promessi sposi” ma “Il testo nei Promessi Sposi” Le testate di periodici e quotidiani si scrivono solitamente in tondo tra virgolette, tuttavia ricordiamo che ogni editore è libero di scegliere le sue norme a patto che ne rispetti sempre la coerenza.
Citazioni Per le citazioni inserite nel testo si possono usare il corsivo o le virgolette semplici (apici).
Oppure si usano i caporali (<< >>). Di nuovo, dipende dalle norme redazionali adottate.
Quando la citazione è introdotta dai due punti, la lettera iniziale è minuscola dopo i puntini di sospensione, maiuscola negli altri casi.
Nel caso di citazioni in lingua straniera è preferibile riportare la traduzione nella lingua originale in tondo, fra virgolette, mettendo la nota con traduzione a piè di pagina, senza parentesi.
Date Le indicazioni dei decenni prevedono l’uso della maiuscola (il Sessantotto) mentre le abbreviazioni di un anno, espresse in numeri, sono precedute dall’apostrofo (’68).
I nomi dei giorni della settimana e i mesi si scrivono solitamente con l’iniziale minuscola.
Si può scegliere invece di utilizzare la maiuscola nel caso di appuntamenti importanti, ad esempio il Primo Maggio.
Dialoghi Per i dialoghi si usano sia il trattino (-) che le doppie virgolette alte (“”).
Anche i pensieri dei vari personaggi e i dialoghi indiretti sono solitamente inseriti tra le doppie virgolette alte.
Nel dialogo diretto ogni battuta inizia a capoverso.
Se ci sono frasi o parole che interrompono una battuta, le doppie virgolette alte, o il trattino, sono preceduti da una virgola: “Non andartene Maria!, - urlò Giovanni- non andartene!”.
Il punto che segna la fine di una frase può essere inserito solo all’esterno delle virgolette, oppure sia all’interno che all’esterno, come vediamo nel secondo esempio riportato qui sotto.
Es: “Sai, Luca e Giacomo se ne andarono”.
“Sai, Luca e Giacomo se ne andarono.”.
Il secondo utilizzo è meno comune.
Note Le note devono essere numerate per tutto il testo e consegnate in un elenco. Quando il grafico impagina, le note sono poi inserite a piè di pagina.
Si usano le seguenti indicazioni in tondo per segnalare l’origine della nota: N.d.A. nota dell’autore N.d.E. nota dell’editore N.d.T. nota del traduttore Si usano le abbreviazioni quando ci sono riferimenti bibliografici presenti in precedenza.
Per esempio: Campbell, Joseph, Il potere del mito, Tea edizioni, se citato successivamente diventa: Campbell, Il potere del mito, op.cit., pag…” Il discorso sulle note è molto ampio, non possiamo certo esaurirlo in questo breve vademecum. Qui ci preme dare un cenno sui rudimenti.
Didascalie e immagini Le illustrazioni che si trovano nel corpo del testo vengono indicate come “figura” utilizzando un numero d’ordine progressivo, in numeri arabi. Segue la eventuale didascalia.
Le illustrazioni fuori testo, che hanno dimensioni di rilievo, o sono addirittura a tutta pagina, vengono chiamate “tavola”. Si inserisce un numero d’ordine progressivo in numeri romani, seguito eventualmente dalla didascalia.
Le illustrazioni sono consegnate a parte, insieme al numero progressivo e alla didascalia, quando c’è.
Attenzione agli accenti e agli errori più comuni di grammatica italiana Sulla e finale l’accento è acuto nella maggior parte dei casi (per esempio: poiché, perché, né, sé, poté). Attenzione alle eccezioni come caffè, cioè, bignè, tè.
Spesso si trova, specie nei libri, l’apostrofo al posto dell’accento sulle lettere maiuscole: da evitare assolutamente (quindi È e non E’).
Una curiosità: si può scrivere indifferentemente sé stesso o se stesso.
Sono entrambi corretti nella lingua italiana. Spesso invece i redattori correggono automaticamente l’accento, eliminandolo.
Attenzione anche a “qual è”, che non vuole l’apostrofo (qual’ è).
Errore che a volte si trova nei quotidiani.
L’ultimo errore tipico è il famoso po’ con l’accento (pò). La maggioranza degli italiani lo scrive erroneamente. Il correttore di bozze deve invece conoscere a menadito la lingua italiana per evitare simili inciampi.
Quando uso il corsivo? Di solito viene usato per le parole desuete, le frasi o le citazioni in lingua straniera, le denominazioni scientifiche di vegetali o animali, i termini medici, i nomi propri dei mezzi di trasporto, i titoli di opere, i nomi propri di locali, i termini dialettali, i suoni onomatopeici, o quando si vuole enfatizzare un termine.
Numeri Se i numeri sono inferiori a 10 è meglio usare la parola, in caso contrario la cifra.
Quando però un numero è di riferimento, allora è meglio usare la cifra anche se inferiore a 10 (per esempio: vedi fig.6).
Le percentuali si scrivono in parole in un contesto discorsivo (per esempio: era presente il cinquanta per cento degli invitati).
Punteggiatura È importante ricordare sempre che tutti i segni di interpunzione sono seguiti da uno spazio bianco. I puntini di sospensione sono sempre e solo tre. Mai quattro, cinque o più.
Virgolette doppie alte Si usano per le definizioni, per indicare un’espressione in un contesto particolare (per esempio: un’indagine “a volo d’uccello”), per individuare un senso ironico (per esempio: L’Italia piena di “intellettuali” che esprimono le loro opinioni nei talk show.) Legenda: abbreviazioni e simboli anno a articolo art.
articoli artt.
avanti Cristo a.C.
capitolo cap.
citato/a cit.
confronta cfr.
dopo Cristo d.C.
eccetera ecc.
edizione ed.
edizione originale ed.or.
fascicolo fasc.
figura fig.
figure figg.
lettera lett.
nota n.
nota dell’autore N.d.A.
nota del curatore N.d.C.
nota del traduttore N.d.T.
numero n.
numeri nn.
opera citata op.cit.
pagina pag.
pagine pagg.
paragrafo pp.
paragrafi parr.
riga r.
righe rr.
sezione sez.
tabella tab.
tabelle tabb.
tavola tav.
traduzione italiana trad.it.
verso v.
versi vv.
volume vol.
volumi voll.
Ecco, queste sono solo indicazioni di base.
Ci sono ancora numerose cose da segnalare, e da sapere. Tuttavia la cosa migliore è la pratica. Ogni redazione fornisce una legenda, come abbiamo detto, che contiene le norme redazionali, basterà seguirle scrupolosamente.
Un consiglio utile è quello di stare attenti alle norme redazionali di giornali, riviste e libri. Osservare come si usano i corsivi, i grassetti, i caporali.
L’osservazione diretta è sempre il modo migliore di iniziare. Quello delle bozze può diventare un vero e proprio mestiere collegato, però, all’editing (di cui abbiamo accennato) o ad altre attività di redazione.
I collaboratori esterni lavorano a casa, da soli, godendo certamente di una migliore concentrazione rispetto a chi, in una redazione, è costretto a correggere parole e farsi in mezzo a chiacchiere, telefonate, urgenze dell’ultima ora. Eppure la seconda soluzione, in cui a volte si tenta di conciliare in modo rocambolesco una bozza da consegnare, un articolo da scrivere e due telefonate cui rispondere.
è la più stimolante. Basta stare attenti al refuso.
Quando il testo esce in stampa (rivista, libro, dépliant), il redattore corre subito a controllare la bozza, perché sa che è responsabile d’ogni errore.
Può succedere: la forma perfetta non esiste. Questo non significa non impegnarsi. La sensazione che abbiamo leggendo un libro pieno di errori è quella di una mancanza di cura, di attenzione per il lettore.
Non a caso le grandi case editrici pubblicano volumi il cui numero di refusi è molto ridotto.
Per i quotidiani il discorso è diverso: i tempi sono strettissimi, gli articoli vanno in stampa di sera per essere pronti al mattino, spesso si corre perché si attende la rettifica o la smentita di una notizia. In questo caso gli errori sono più “perdonabili”.
Ci auguriamo che questo breve intervento sulle bozze possa essere d’aiuto a chi aspira a fare lavori di redazione.
Buona caccia ai refusi.
Esistono alcuni testi in commercio per approfondire gli studi sulla correzione di bozze, come Il correttore di bozze di Marilì Cammarata, della Editrice Bibliografica e il Nuovo Manuale di Stile di Roberto Lesina pubblicato da Zanichelli.
Si possono anche frequentare corsi di redazione e giornalismo, che prevedono la correzione di bozze sia per l’editoria periodica che per quella libraria.